Era il 1893, quando Sir Henry Mortimer Durand tracciò con un bastone una
riga sulla sabbia del deserto per segnare il confine tra l'Afghanistan e
l'allora India nordoccidentale, ora diventata Pakistan: uno dei tanti
lungimiranti interventi britannici forieri di ogni genere di disastro. E
disastri verranno in quel territorio. Oltre a quelli noti, come
l'invasione sovietica e l'attacco americano, ci sono quelli che Ahmad
racconta qui, in forma di romanzo. La narrazione comincia negli anni
Cinquanta, e finisce una ventina d'anni dopo. A condurre il lettore
attraverso le incredibili vicissitudini delle tribù locali, per lo più
nomadi, costrette dalle guerre e dall'avanzare della modernità a perire
per mancanza di cibo e acqua, a raccontarci le loro storie, le loro
affascinanti leggende e l'imperscrutabile saggezza di cui sono
portatrici, è un bambino, Tor Baz, "il falco nero". Tor Baz nasce sotto
il più infausto degli auspici: figlio di una donna colpevole di
adulterio, viene alla luce in un avamposto militare nel deserto dove la
madre ha trovato rifugio insieme al padre. Quando il piccolo ha sei
anni, arriva un drappello di guerrieri guidato dal nonno materno, deciso
a vendicare l'onore offeso uccidendo la figlia e il suo amante. Non ha
però il coraggio di uccidere anche il piccolo, che vagherà fino all'età
adulta da una tribù all'altra, da una figura paterna all'altra,
conducendo anche il lettore nei recessi più oscuri del territorio e in
quelli più misteriosi delle anime che lo popolano.
Incipit:
“Remoto e isolato, come sono tali presidi, questo incute particolare timore. Niente abitazioni nel raggio di chilometri, niente vegetazione, a parte poche, sparute palme da dattero traballanti e rinsecchite che si tengono su l’un l’altra, niente acqua, salvo un rivoletto tra le rocce incrostate di sale che di tanto in tanto però si secca, manifestando una certa ostilità.”
“Remoto e isolato, come sono tali presidi, questo incute particolare timore. Niente abitazioni nel raggio di chilometri, niente vegetazione, a parte poche, sparute palme da dattero traballanti e rinsecchite che si tengono su l’un l’altra, niente acqua, salvo un rivoletto tra le rocce incrostate di sale che di tanto in tanto però si secca, manifestando una certa ostilità.”
Citazioni:
“Eppure, la terra – la loro terra – si era adoperata affinché bellezza e colore non venissero cancellati del tutto dalle loro vite. Con mille e più tonalità di grigio e di marrone aveva tinteggiato le colline, la sabbia, le dune. C’erano inoltre le sfumature impercettibilmente cangianti del nero delle notti e della luce dei giorni, e i colori accesi dei piccoli fiori del deserto nascosti in mezzo ai cespugli polverosi, delle spire dei serpenti e dei guizzi delle lucertole che correvano a infilarsi sotto la sabbia.”
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“In un angolo c’era l’uomo che lavorava a maglia, sferruzzando senza sosta; lì vicino tre uomini si passavano il narghilè, altri quattro sedevano intorno a un braciere e chiacchieravano a voce bassa mentre facevano girare una scatolina di tabacco da masticare. Sul coperchio c’era uno specchietto che catturava il chiarore delle lampade e lo rifletteva sulle pareti in mille gocce impazzite di luce. Altri uomini si erano messi intorno al mio braciere.”
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“È una sensazione difficile da spiegare, non c’è nulla di razionale. Mettiamola in questo modo: ho sempre sentito di dover conoscere il popolo di mio padre e la terra da cui è arrivato per poter capire chi sono veramente.”